Artrosi dell’anca

Le articolazioni, con il passare del tempo, si consumano… e anche l’anca non sfugge a questo “destino”

L’artrosi dell’anca è una patologia molto diffusa. In cosa consiste? Pensiamo all’articolazione come a una macchina, dove i due elementi fondamentali sono una sfera (testa del femore) e una coppa contenitrice della sfera (acetabolo).

La testa ruota all’interno dell’acetabolo grazie a uno strato di cartilagine elastico e a uno di liquido sinoviale, che lubrifica la cartilagine. Nel momento in cui si riducono questi strati, l’articolazione si consuma in maniera precoce.

Si tratta di artrosi, una patologia di cui fino a pochi anni fa molto spesso non si conosceva la causa. Difatti era chiaro che l’artrosi poteva essere conseguente a traumi e fratture che coinvolgevano l’articolazione, oppure in seguito a malattie presenti alla nascita, come la displasia dell’anca, e ancora in seguito a problematiche vascolari come la necrosi della testa femorale (una sorta di infarto dell’osso), ma per la maggior parte dei pazienti si parlava di coxartrosi primaria, ovvero di causa non nota.

Il conflitto femoro-acetabolare

Negli ultimi anni, le ricerche hanno dimostrato come vi siano alcune articolazioni che per la loro forma sono propense a danneggiarsi con l’andare del tempo. Queste rientrano nella nuova definizione di conflitto femoro-acetabolare FAI (dall’inglese femoro-acetabular impingement).

Una patologia dall’anca nella quale la conformazione della testa femorale e/o dell’acetabolo fa sì che durante il movimento il collo femorale e la testa vadano a urtare l’acetabolo, ovvero il contenitore dell’articolazione. La testa femorale non ha quindi uno spazio adeguato per muoversi all’interno dell’acetabolo. 

Vengono distinte due tipologie di FAI:

Molto spesso entrambe le deformità coesistono determinando una lesione di tipo mista. 

Come evolve il danno articolare

Il conflitto femoro-acetabolare comporta una lesione del labbro acetabolare, una sorta di guarnizione dell’articolazione che riveste il bordo dell’acetabolo, qualcosa di analogo alle lesioni del menisco nel ginocchio.

La lesione procede coinvolgendo poi la cartilagine che è in stretta continuità con il labbro, con una progressiva sofferenza. Sino alla distruzione della superficie articolare e all’esposizione dell’osso sottostante la cartilagine, come avviene nelle fasi più avanzate dell’artrosi. Nell’ultimo stadio della malattia entrano in contatto i capi ossei direttamente, con deformazione degli stessi.

I sintomi dell’artrosi dell’anca

Il primo segnale è la limitazione del movimento dell’anca tipicamente in flessione e intra-rotazione del femore. Il soggetto non avverte dolore oppure lamenta un minimo fastidio occasionale. Compare poi il dolore, inizialmente presente in alcuni movimenti dell’anca (tipicamente calzando scarpe o calze, salendo o scendendo dall’automobile, accavallando le gambe).

In seguito diviene più frequente, limitando prima le attività sportive e, poi, le normali funzioni quotidiane. Il paziente ha difficoltà dopo essere stato seduto per un po’ di tempo, a causa della flessione obbligata dell’anca. 

In genere, il dolore è avvertito a livello inguinale, a volte irradiato alla coscia addirittura fino al ginocchio. Altre volte si presenta a livello laterale, sul trocantere (la sporgenza ossea laterale ai fianchi), altre volte il dolore è riferito al gluteo e può mimare una sciatalgia. A volte può essere difficile distinguere un dolore proveniente da problematiche della colonna da un dolore proveniente dall’anca.

La diagnosi e il trattamento

Si fa una prima diagnosi sospetta attraverso l’esame del paziente, le caratteristiche del dolore e alcuni segnali, come per esempio la limitazione della flessione e intra-rotazione. Viene poi confermata con radiografie specifiche del bacino. Lo studio delle possibili lesioni è approfondito con l’esecuzione della RMN, in genere con mezzo di contrasto o in alcuni casi anche con la TC.

Il trattamento dipende dalla gravità della deformità e dal grado di danno articolare. Nelle fasi iniziali o in casi di lievi deformità si interviene con il cambiamento delle abitudini di vita, degli esercizi specifici che modifichino la postura di colonna e bacino, l’uso di farmaci antinfiammatori o l’utilizzo di infiltrazioni eco guidate. Il calo di peso nei pazienti in sovraccarico è fondamentale, così come evitare sport che possano accelerare il processo di usura.

Il dolore compare inizialmente in alcuni movimenti dell’anca

Se il danno cartilagineo non è avanzato e il paziente è ancora in età giovane/adulta è possibile effettuare interventi in artroscopia o con piccoli accessi chirurgici per rimodellare la testa e il collo femorale, riparare o rimuovere il labbro danneggiato e riparare piccole lesioni cartilaginee.

La nuove frontiere vedono l’impiego di cellule mesenchimali da tessuto adiposo, fattori di crescita derivati dalle piastrine del sangue, ma i limiti e la reale efficacia sono ancora in fase di verifica. In alcuni casi può essere necessaria per la riparazione e il rimodernamento dell’osso la chirurgia tradizionale attraverso la lussazione dell’anca.

Infine, nei casi in cui il danno sia troppo avanzato rimane la possibilità di sostituire l’articolazione malata con una artificiale, ovvero essere sottoposti a un intervento di protesi totale dell’anca, oggi possibile anche per via anteriore e mini-invasiva per una ripresa più veloce del paziente, una riduzione del dolore e una migliore estetica (la cicatrice che ne risulta è molto più piccola in confronto a quella che rimane con l’intervento di protesi per via tradizionale).

Come è fatta l’anca

Acetabolo: contenitore a forma di coppa all’interno del quale si muove la testa femorale.

Testa femorale: parte sferica del femore che ruota all’interno dell’acetabolo permettendo i movimenti della coscia.

Labbro acetabolare: struttura fibrocartilaginea che riveste il bordo acetabolare, aumentandone la superficie di contenimento e si richiude sulla testa femorale come una guarnizione.

Cos’è l’artroscopia dell’anca

L’artroscopia è una tecnica chirurgica endoscopica, ovvero una tecnica che permette di guardare all’interno dell’articolazione con una piccola telecamera e di intervenire attraverso l’utilizzo di piccoli e dedicati strumenti. Il chirurgo manovra gli strumenti guardando un monitor con l’ingrandimento adeguato.

L’artroscopia è indicata principalmente per i pazienti giovani e attivi, che hanno dolore all’anca, ma presentano una cartilagine articolare ancora sana. L’intervento mini-invasivo consente una ripresa veloce, tanto che dopo 3- 4 settimane è possibile tornare alle abituali attività sportive.