Attenzione alle infezioni alimentari

Negli ultimi 5 anni in Europa, il numero di casi di Salmonellosi e Campilobatteriosi è rimasto sostanzialmente stabile, mentre la Listeriosi continua ad aumentare

Le zoonosi sono malattie o infezioni trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo. La diffusione delle infezioni di origine alimentare può avvenire attraverso l’ingestione di acqua o alimenti contaminati da agenti patogeni come batteri (Campylobacter, Salmonella, Listeria), virus (norovirus, virus dell’Epatite A), parassiti (Trichinella). Nelle zoonosi di origine non alimentare il contagio può avvenire mediante zanzare che trasportano gli agenti infettivi da un animale infetto all’uomo (Febbre del Nilo occidentale) oppure attraverso l’ambiente o per contatto con animali infetti; è il caso della febbre Q e dell’infezione da STEC ossia da Escherichia coli produttore di Shigatossina. Il documento sulle zoonosi, pubblicato nel 2018 dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), si basa sui dati raccolti nel 2017 dai 28 Stati membri dell’Unione Europea e sui dati forniti da altri 9 Paesi europei.

Le infezioni più diffuse

Complessivamente la Salmonella ha causato il maggior numero di focolai epidemici, ospedalizzazioni e decessi, mentre la Listeriae il Botulino sono associati al più elevato tasso di letalità. Inoltre, il maggior numero di focolai epidemici a trasmissione alimentare si è verificato in ambiente domestico e gli alimenti più frequentemente coinvolti comprendevano prodotti a base di carne (19% dei focolai), pesce e derivati (17%), uova (16%).

Tab.1 – Zoonosi trasmesse da alimenti e animali in Europa nel 2017 (da Ecdc e Efsa)

Malattia Casi confermati nell’uomo Pazienti ospedalizzati Pazienti deceduti Letalità della malattia (%)
Campilobatteriosi 246158 20810 45 0,04
Salmonellosi 91662 16976 156 0,25
Yersiniosi 6823 616 3 0,07
Infezioni da STEC 6073 933 20 0,5
Listeriosi 2480 988 225 13,8
Febbre Q 928 7 1,35
Echinococcosi 827 140 1 0,4
Brucellosi 378 104 1 0,78
Febbre del Nilo occidentale 212 134 25 12
Trichinosi 168 56 0 0

Nei Paesi europei il Campylobacter jejuni con 246.158 casi segnalati, risulta il maggior responsabile delle infezioni (Tab.1). Il numero dei contagi è comunque sottostimato, dal momento che in 6 Paesi europei, compreso il nostro, la notifica dei casi di Campilobatteriosi non è obbligatoria. I sintomi dell’infezione si sviluppano 2-5 giorni dopo il contagio e includono diarrea, dolori addominali e crampi. La diarrea può essere emorragica e può associarsi a nausea, vomito, cefalea, dolori muscolari e febbre. L’uomo contrae la malattia attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati (latte non pastorizzato, carne poco cotta) o entrando in contatto con individui o animali infetti. La prevalenza delle contaminazioni alimentari da Campylobacter si riscontra soprattutto nelle carni di pollo (37,4%) e di tacchino (31,5%).

Al secondo posto in Europa abbiamo la Salmonellosi con 91.662 casi. Nel 2017 il loro numero è sceso del 2,9% rispetto all’anno precedente, ma il trend in diminuzione iniziato nel 2008 non evidenzia variazioni significative negli ultimi 5 anni. In Europa, Salmonella enteritidis risulta il sierotipo maggiormente responsabile delle Salmonellosi di origine alimentare; in Italia, il sierotipo prevalente è rappresentato da S. thyphimurium variante monofasica. I batteri del genere Salmonella, presenti principalmente nelle uova, carni (soprattutto di pollame e di suino) e derivati, cozze e vongole, hanno causato più di 1.200 focolai epidemici, un quarto dei focolai registrati in Europa nel 2017. La malattia si trasmette per via oro-fecale attraverso l’ingestione di alimenti contaminati o per contatto con animali infetti. I sintomi, che in genere si risolvono entro 4 giorni, esordiscono 12-48 ore dopo l’ingestione dei batteri e sono caratterizzati da nausea, dolori addominali, diarrea, febbre e vomito.

Nonostante i casi di Listeriosi siano leggermente diminuiti rispetto al 2016, negli ultimi anni si è verificata una tendenza al rialzo (1.763 casi nel 2013 e 2.480 nel 2017). Particolarmente vulnerabili alla malattia risultano i soggetti con deficit del sistema immunitario, neonati, donne in gravidanza e gli ultraottantenni, con un tasso di mortalità che in questi ultimi può raggiungere il 24%. Globalmente nell’UE l’infezione è risultata fatale in 1 paziente ogni 10. I più alti livelli di Listeria monocytogenes si registrano nei pesci affumicati e prodotti della pesca (6%), nelle insalate già pronte consumate crude (4,2%), carni, latte non pastorizzato e formaggi a pasta molle (brie, camembert, gorgonzola). Il contagio avviene principalmente mediante l’ingestione di cibi contaminati; le infezioni tuttavia possono verificarsi anche attraverso il contatto con animali infetti. Il batterio è ubiquitario, tollera gli ambienti salati e le basse temperature come quelle del frigo, ma non sopravvive a cotture con temperature superiori a 65°C. Generalmente i sintomi si manifestano con brividi, febbre, dolori muscolari, nausea, vomito, diarrea e si risolvono nel giro di 5-10 giorni. A volte i batteri dall’intestino entrano nel torrente ematico e invadono alcuni organi (listeriosi invasiva); in tal caso, a seconda dell’organo, possono causare meningite, endocardite, aborto spontaneo o altre manifestazioni gravi e potenzialmente letali.

Conoscere per prevenire

L’Organizzazione Mondiale della Sanità riassume in cinque punti chiave le indicazioni pratiche per prevenire le contaminazioni alimentari domestiche (Tab.2). Per ridurre il rischio che i batteri possano diffondersi sulle superfici di lavoro o penetrare all’interno delle uova, le carni di pollo, suino e le stesse uova non vanno lavate prima della cottura. Al contrario, prima del consumo è necessario lavare accuratamente le verdure e le insalate crude in busta o in vaschetta. Tali prodotti, infatti, possono contenere specie batteriche nocive o addirittura batteri resistenti agli antibiotici, in grado di trasferire, una volta ingeriti, l’antibiotico-resistenza ad altre specie microbiche patogene già presenti nel nostro organismo.

Tab.2 – Come prevenire le contaminazioni alimentari biologiche (tratto da OMS)

1. Pulizia in cucina. Lavarsi le mani prima di toccare gli alimenti o dopo aver utilizzato il bagno e rilavarle spesso mentre si cucina. Lavare e disinfettare le superfici di lavoro e i materiali che entrano in contatto con il cibo. Proteggere i cibi e la cucina da insetti, roditori e altri animali.  
2. Separare gli alimenti crudi da quelli cotti. Se non adeguatamente lavati, non riutilizzare utensili e materiali (coltelli, taglieri) che sono già stati usati per alimenti crudi. Conservare i cibi in recipienti chiusi al fine di evitare contaminazioni crociate tra cibi cotti pronti al consumo e alimenti crudi.
3. Cuocere bene gli alimenti, in particolare le carni di suino e di pollame, uova e pesce. Portare ad ebollizione a 70°C zuppe e ragù; anche nelle parti più interne delle carni la temperatura di cottura deve raggiungere almeno 70°C (usare eventualmente un termometro da cucina). Riscaldare adeguatamente i cibi cotti e raffreddati che si desidera mettere in tavola caldi.
4. Conservare il cibo alla giusta temperatura. Gli alimenti facilmente deperibili e i cibi cotti non consumati subito dopo la cottura, devono essere refrigerati a temperature inferiori a 5°C. Non lasciare i cibi cotti a temperatura ambiente per più di due ore. I cibi cotti si possono mantenere al caldo, ossia a temperature > ai 65°C fino al momento del consumo. Non conservare gli alimenti troppo a lungo (anche se in frigorifero) e non scongelare a temperatura ambiente i cibi surgelati o congelati.
5. Utilizzare acqua e materie prime sicure. Impiegare solo acqua potabile per bere o per lavare frutta e verdure, soprattutto quando consumate crude. Non conservare gli alimenti oltre la data di scadenza. Preferire cibi di provenienza certificata e trattati in modo tale da non presentare rischi di contaminazione (ad es. latte pastorizzato o UHT).