Esami di laboratorio in presenza del diabete

Alcuni esami consentono con facilità e precisione di riconoscere la presenza di diabete, permettendo di seguire l’evoluzione della malattia e la risposta al trattamento indicato dal medico

La glicemia è la concentrazione di glucosio nel sangue. Essa dipende da diversi fattori come il consumo alimentare di zuccheri, la sua utilizzazione da parte dei tessuti, la regolazione ormonale e la presenza di riserve a livello del fegato. Nel pancreas, sparsi in mezzo al tessuto esocrino che secerne gli enzimi digestivi, si trovano isole di cellule endocrine, le cosiddette ‘isole di Langerhans’, formate dalle cellule alfa e beta. Le prime secernono il glucagone che fa aumentare il livello di glucosio nel sangue. Le cellule beta secernono, invece, l’insulina, con effetto ipoglicemizzante opposto, quindi, a quello del glucagone. La concentrazione di glucosio nel sangue è mantenuta costante dalla secrezione equilibrata di glucagone e insulina. Va ricordato che gli ormoni che aumentano la glicemia comprendono il glucagone, le catecolamine (adrenalina e noradrenalina) liberate soprattutto in condizioni di stress, l’ormone tiroideo, l’ACTH che stimola le ghiandole surrenali. L’esame che determina la concentrazione di glucosio nel sangue viene effettuato prelevando una goccia di sangue da un polpastrello delle dita, mediante uno strumento pungi-dito calibrato, pressoché indolore.

Sono considerati valori normali 70-100 mg/dL (3.9-5.5 mmol/L) di glicemia (per valori > 120 mg/dL > 6.7 mmol/L possibile diabete). La glicemia aumenta nel diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2, nell’obesità, nella patologia cronica del fegato, nelle diverse condizioni di stress molto intenso, nelle convulsioni. Le condizioni caratterizzate, invece, da una diminuzione dei valori della glicemia comprendono il ridotto consumo alimentare di zuccheri, una ridotta produzione endogena (insufficienza epatica), un aumentato consumo (digiuno, attività fisica, eccesso di insulina), l’uso di alcuni tipi di farmaci (antidiabetici, salicilati, antitubercolari).

Glucosio nelle urine

Il glucosio viene filtrato a livello glomerulare e riassorbito a livello tubulare renale. Quando la glicemia supera i 180 mg/dL compare glicosuria perché viene superata la capacità di riassorbimento tubulare per il glucosio. La glicosuria delle 24 ore, o frazionata negli intervalli tra i pasti, è utile per regolare la terapia insulinica dei diabetici. La ricerca del glucosio nelle urine non riveste più quell’importanza che aveva in passato, per il progresso della tecnologia moderna che consente in pochi secondi di misurare i valori dello zucchero nel sangue, con assoluta precisione e facilità. In condizioni normali non si dovrebbe rintracciare la presenza di glucosio nelle urine. Se questo si verifica può essere la conseguenza di una iperglicemia, per cui il rene non riesce a riassorbire il glucosio che filtra oppure può derivare da un danno a livello dei tubuli renali, preposti al suo riassorbimento.

Carico orale di glucosio

Noto anche come Test da carico orale di glucosio (OGTT) è l’esame utilizzato per evidenziare un’alterata tolleranza al glucosio. Viene dosata la glicemia basale, quindi si somministrano per via orale 75 g di glucosio nell’adulto e 50 g nei bambini e nei soggetti sotto peso. Viene misurata la glicemia ogni 30 minuti, sino a 180 minuti. Il test è considerato positivo quando il valore dell’ultimo campione glicemico e quello di almeno un altro prelievo superano i 200 mg/100 mL. Si parla di alterata tolleranza al glucosio quando la glicemia a digiuno è inferiore a 140 mg/100 mL e dopo OGTT il valore, a distanza di 2 ore, è compreso tra 140 e 200 mg/100 mL, con almeno un altro valore superiore a 200 mg/100 mL.

Emoglobina glicata (HbA1c)

È la determinazione dell’emoglobina coniugata con il glucosio. Valori elevati esprimono l’incapacità dell’organismo di controllare i livelli del glucosio nel sangue e il rischio di complicanza vascolare e neurologica (retinopatia, arteriopatia, neuropatia, insufficienza renale). È contraddistinta dalla sigla HbA1c. Gli zuccheri sono infatti dei temibili acceleratori del processo di invecchiamento, in quanto provocano un aumento del tasso di zucchero nel sangue, da cui deriva il fenomeno della glicazione, che consiste nella reazione tra zucchero e proteine con la formazione di composti insolubili, fonte di radicali liberi che danneggiano i vasi. Nell’occhio compromettono progressivamente la vista (retinopatia diabetica), nei vasi arteriosi inducono la vasculopatia diabetica, nei nervi periferici è la causa della neuropatia diabetica, mentre a livello renale provocano la nefropatia diabetica, con evoluzione verso l’insufficienza renale. Gli zuccheri in eccesso provocano, inoltre, un aumento dei trigliceridi che si accumulano a livello del grasso addominale, alimentando una condizione di infiammazione di bassa intensità, ma continua con la liberazione di sostanze che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari.

Secondo uno studio condotto dalla Federazione Internazionale del Diabete, in Europa, ben due terzi delle persone con diabete non riescono a mantenere l’emoglobina glicata a livelli inferiori a 7%. Come dimostrano altre ricerche, la diminuzione di HbA1c dell’1% corrisponde nel lungo termine a una diminuzione di complicanze del 37%. Per mantenere valori ottimali di HbA1c è necessario l’autocontrollo della glicemia, in maniera di regolare la dieta, l’attività fisica e la terapia farmacologica su valori costanti. Sono considerati normali i valori inferiori a 6%. I diabetici con valori >7% hanno un rischio aumentato di complicanze microvascolari. Nelle diabetiche in gravidanza valori elevati sono correlati con rischio elevato di malformazioni fetali.