La pelle a macchia di leopardo

Una diffusa spruzzata di macchioline sul viso rappresenta una caratteristica affascinante per molte donne mentre per altre, specie se le macchie compaiono in età matura, è un problema estetico da affrontare rapidamente

Nel primo caso si tratta delle efelidi, particolari ipercromie frequenti nei soggetti con capelli rossi o biondi, mentre nel secondo, specie quando le macchie si palesano su mani, collo e decolleté a partire dai quarant’anni, si tratta di lentigo solari o senili che rappresentano la risposta a un’eccessiva esposizione al sole e a un generale invecchiamento cutaneo. Secondo dati recenti, circa 1 donna su 3 in Europa soffre di macchie cutanee e i dermatologi denunciano il preoccupante incremento del fenomeno anche tra le più giovani, a causa del crescente impiego dei contraccettivi orali, dell’utilizzo di lampade abbronzanti e dell’uso di creme solari con un fattore di protezione troppo basso.

Nell’uomo si individua una pigmentazione costituzionale, ossia di origine genetica, che in assenza di sole determina la tonalità della pelle, e una facoltativa che può essere indotta da diversi fattori, come l’esposizione al sole e l’assetto ormonale. La molecola responsabile dell’abbronzatura è la melanina che viene prodotta dalla pelle come schermo protettivo dai raggi UV e per neutralizzare i radicali liberi prodotti dalle radiazioni solari. I pigmenti melaninici si dividono in eumelanine (nere e brune) e feomelanine (gialle e rosso brune) che insieme all’emoglobina ossidata e ai carotenoidi, derivati della vitamina A, determinano il colore della pelle. La melanina, prodotta dai melanociti, cellule presenti negli strati profondi dell’epidermide, migra attraverso la pelle fino a giungere in superficie dove viene poi rimossa mediante la naturale desquamazione cutanea.

Le diverse tipologie di macchie

Le macchie che possono essere trattate efficacemente con i cosmetici sono quelle recenti e poco profonde, ossia che si formano nell’epidermide. Le macchie profonde, che interessano invece il derma e che si formano per sgocciolamento di pigmento in questa sede, come nel caso dei tatuaggi, non sono trattabili con i cosmetici e richiedono l’intervento del dermatologo, che valuterà le diverse soluzioni da attuare a livello ambulatoriale. Le principali metodiche impiegate dagli specialisti a tale scopo sono i peeling che, mediante l’utilizzo di sostanze chimiche ad alta concentrazione, rimuovono lo strato superficiale della pelle, la microdermoabrasione che sfrutta l’azione levigante di piccoli cristalli strofinati sulla cute mediante un manipolo, il laser ossia un fascio di luce ad alta energia che aggredisce le cellule colorate degradandole e la crioterapia una sorta di bruciatura superficiale ottenuta mediante l’azoto liquido.

Le ipercromie si producono per un eccessivo e disomogeneo accumulo di melanina, che non riesce a essere rimossa attraverso la fisiologica desquamazione cutanea. Un tipo di macchia molto frequente nelle donne è il cloasma o melasma, una discromia di colore marrone-grigiastro che compare soprattutto su alcune zone del viso, come le guance, la fronte e il contorno della bocca. Le cause sono principalmente ormonali, quali l’utilizzo di contraccettivi orali, la terapia ormonale sostitutiva in menopausa e l’iperproduzione di ormoni sessuali durante la gravidanza. Il cloasma gravidico scompare solitamente al termine della gestazione e quello indotto da farmaci dopo la loro sospensione. In alcuni casi, invece, può persistere anche per mesi e richiedere trattamenti specifici ambulatoriali o cosmetici.

Altri tipi di macchie, dopo le già menzionate lentigo senili associate all’invecchiamento cutaneo, sono le fotodermatosi mediate, che compaiono dopo l’esposizione solare della cute precedentemente trattata con sostanze fotosensibilizzanti, presenti per esempio in alcuni prodotti vegetali come il bergamotto, l’arancio amaro e dolce, il prezzemolo, il cumino, il pompelmo e il fico. In presenza delle radiazioni UV queste sostanze possono dare origine a reazioni tossiche quali bolle, edema e bruciore cui fanno spesso seguito macchie brune che possono persistere per settimane.

Anche l’assunzione di farmaci, come gli antibiotici fluorochinolonici e le tetracicline, il ketoprofene, il piroxicam, i diuretici tiazidici, gli antimicotici e l’amiodarone, possono causare la comparsa di discromie cutanee e dermatosi per esposizione contemporanea al sole. E infine ci sono le iperpigmentazioni postinfiammatorie, macchie che compaiono in seguito a flogosi della pelle a causa di acne, eczemi, follicolite, ma anche dopo traumi dovuti a peeling, cerette, rasatura, ustioni, trattamenti laser, interventi chirurgici. In questi casi, così come in presenza di cicatrici recenti, è d’obbligo utilizzare un’elevata protezione solare prima di esporsi al sole anche se ci si trova in città.

Un intervento su più livelli

I trattamenti cosmetici attualmente in uso sfruttano un triplo meccanismo d’azione, volto a esfoliare gli strati più superficiali delle aree macchiate, a ostacolare la produzione della melanina e a proteggere la pelle dalle radiazioni solari mediante filtri Uva e Uvb.

Nel processo di sintesi della melanina gioca un ruolo fondamentale l’enzima tirosinasi e molti trattamenti depigmentanti agiscono infatti a questo livello. Ostacolando l’azione della tirosinasi, è possibile infatti ridurre la produzione della melanina e, quindi, la formazione delle macchie. Le principali molecole che svolgono questa funzione sono l’acido cogico ottenuto da un fungo di origine giapponese (Aspergillus oryzae), l’acido azelaico prodotto in natura dal lievito Pityrosporum ovalis, l’arbutina estratta dal corbezzolo e dall’uva ursina, i derivati del resorcinolo, l’acido ascorbico o vitamina C.

Un altro meccanismo d’azione, esercitato dai depigmentanti, consiste nell’esfoliazione, un trattamento noto fin dall’antichità. Cleopatra, infatti, usava effettuarlo immergendosi nel latte d’asina che, grazie all’acido lattico in esso contenuto, era in grado di rimuovere le cellule superficiali della pelle (cheratinociti), producendo un desiderabile effetto levigante e schiarente. I principali cheratolitici o esfolianti presenti nei cosmetici anti-macchia sono i derivati salicilici e gli alfa-idrossiacidi, come l’acido glicolico. Queste molecole, oltre ad aumentare il turnover dello strato corneo in cui si accumula la melanina, hanno il pregio di migliorare la penetrazione nella cute delle altre sostanze attive presenti nel dermocosmetico.

Per ultima, ma non meno importante, la fotoprotezione. I depigmentanti, oltre a molecole desquamanti e inibitrici della produzione della melanina, contengono anche filtri solari, poiché non bisogna dimenticare che quasi tutte le macchie cutanee hanno in comune il sole, con le sue radiazioni ultraviolette. La moderna cosmetologia, a tal proposito, come prima strategia anti-invecchiamento e di mantenimento della salute cutanea, pone per l’appunto la foto-protezione, inserendo un filtro solare in quasi tutti i trattamenti per il viso da giorno, siano essi idratanti, nutrienti o antirughe.

I comportamenti virtuosi

Viste le diverse tipologie di macchie e la frequenza con cui si manifestano, oltre a rivolgersi alla cosmetologia e al dermatologo quando il problema risulta già evidente, è bene sempre adottare specifici comportamenti preventivi come:

È sempre importante tener conto che, se si desiderano rimuovere efficacemente le macchie cutanee, è necessario utilizzare il trattamento depigmentante per periodi prolungati (circa due mesi consecutivi), con un paio di applicazioni quotidiane, a partire dall’autunno-inverno, e possibilmente ripeterlo anche durante la medesima stagione dell’anno successivo.