Stress fisico e psicologico: ne fa le spese la glicemia

Lo stress – sia fisico sia mentale – è in grado di aumentare la glicemia e può essere la cosiddetta goccia che fa traboccare il vaso, portando alla comparsa o alla scoperta della malattia diabetica. Ma con quali meccanismi questo si verifica?

Gli ormoni dello stress aumentano la glicemia nel sangue

Gli eventi stressanti modificano la risposta ormonale portando al rilascio in circolo dei cosiddetti “ormoni dello stress” come cortisolo e catecolamine, che determinano una serie di conseguenze, tra cui l’innalzamento della glicemia; altre conseguenze sono rappresentate dall‘aumento del battito cardiaco e da un’aumentata frequenza respiratoria.

Il meccanismo d’azione è facilmente intuibile: di fronte a uno stress fisico, ad esempio, l’organismo deve avere a disposizione energia per la fuga o comunque per una reazione fisica immediata, necessiterà dunque di più ossigeno (fornito dall’aumento del battito cardiaco e della frequenza respiratoria), ma anche di “energia pronta” per essere utilizzata dal sistema muscolare, fornita appunto da aumentati livelli di zucchero nel sangue.

Anche uno stress psichico è in grado di determinare modifiche della glicemie, sempre mediate da un’aumentata produzione di cortisolo.

Lo stress porta a un aumento di peso

Una condizione di stress cronico porta a una costante ipersecrezione di cortisolo, tra i cui effetti vi sono anche l’aumento dell’appetito e la facilitazione a una redistribuzione del grasso corporeo: non solo si mangia di più, ma si conserva più facilmente grasso a livello dell’addome, che sostituisce un tessuto adiposo più pericoloso dal punto di vista cardiovascolare rispetto al tessuto adiposo depositato, per esempio, a livello di cosce e glutei.

Le cellule di grasso depositate a livello del girovita – che costituiscono la cosiddetta “obesità viscerale” – sono infatti poco responsive all’insulina, che è l’unico ormone dell’organismo in grado di ridurre i livelli di glicemia. Un aumento del girovita significa dunque avere difficoltà a regolare i livelli di glicemia.

È possibile quindi affermare, per quanto detto finora, che lo stress contribuisce alla resistenza all’insulina.

È importante non farsi prendere dal panico e saper distinguere tra stress e stress: uno stress moderato, che è quello che possiamo sperimentare in “tempi normali” nella vita di tutti i giorni, non deve metterci in allarme poiché è difficile che possa alterare in maniera significativa l’andamento della glicemia. Sono eventi drammatici e di stress severo per l’organismo le condizioni nelle quali i livelli di glicemia possono subire delle sensibili modificazioni. Ben documentata per esempio è la condizione in cui, al momento del ricovero in ospedale in seguito a un trauma, una frattura, un infarto o altre severe malattie, soggetti non diabetici presentano livelli di glicemia particolarmente alti, che torneranno poi alla normalità una volta risolto l’evento acuto (condizione nota appunto come “iperglicemia da stress”).

È buona norma che un paziente affetto da diabete avverta comunque il medico curante o il diabetologo nel momento in cui si trovi a vivere una situazione di grande tensione, anche emotiva, per valutare l’eventuale necessità di incrementare la terapia ipoglicemizzante. Anche l’ansia, il dolore o l’agitazione possono alzare la glicemia, poiché il sistema nervoso gioca un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo dei carboidrati.


Lo stress non provoca il diabete

Lo stress non causa il diabete, ma l’esordio della malattia può essere preceduto da un evento stressante significativo

Lo stress costituisce un fattore in grado di compromettere l’equilibrio glicemico, ma attenzione: non è possibile che lo stress causi il diabete.

Il diabete di tipo 2, che insorge generalmente in soggetti adulti/anziani, ha delle cause ben precise, quali per esempio il sovrappeso e l’inattività fisica.

Il diabete di tipo 1, invece, tipico dei bambini/giovani, per verificarsi richiede l’interazione tra fattori genetici, immunologici e ambientali. In particolare richiede necessariamente una predisposizione genetica. Questo non significa che più persone nella stessa famiglia debbano esserne affette: nella stragrande maggioranza dei casi il diabete tipo 1 insorge in persone che non hanno altri famigliari interessati dalla malattia. A un certo punto della vita delle persone geneticamente predisposte si determina una reazione infiammatoria a carico delle cellule del pancreas normalmente deputate alla produzione di insulina (beta-cellule), che successivamente non vengono più riconosciute dal sistema immunitario, come se fossero estranee all’organismo, e iniziano pertanto a essere progressivamente distrutte. Questo processo di distruzione può durare settimane o mesi, o anche di più, ma la persona interessata non si accorge di essere diabetica fino a quando il danno non interessa l’80% delle beta-cellule, fase in cui generalmente la glicemia presenta un equilibrio precario.

In questo momento della malattia un evento stressante come un lutto o un periodo di intenso stress possono far precipitare la situazione, portando all’esordio del diabete. Ciò si spiega con il fatto che questi eventi “stressanti” richiederebbero un aumento della produzione di insulina che tuttavia un pancreas, già ammalato, non è in grado di soddisfare.

È per questo motivo che l’esordio del diabete mellito può essere preceduto da un evento stressante significativo, che costituisce la goccia che fa traboccare il vaso.